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Riforma Cartabia: il giudizio di Appello e le impugnazioni in generale

La Riforma Cartabia nel modificare il processo civile, non ha innovato solo il primo grado di giudizio (vedi il nostro articolo “La riforma del processo civile: il processo di cognizione”) ma anche la disciplina in materia di impugnazioni in generale e, in modo particolare, quella relativa al giudizio in appello ed  in  Cassazione. 
Due le finalità perseguite dalla Riforma: 

  •  rendere più efficiente la trattazione delle cause e semplificare il procedimento; 
  • proseguire nel percorso di digitalizzazione del processo civile. 

 

Le impugnazioni in generale

Le impugnazioni sono rimedi che la legge pone a disposizione delle parti al fine di provocare un nuovo giudizio e la rimozione o modifica della sentenza impugnata. 
Il codice di procedura civile dedica il Capo I, Titolo III, Libro II alle impugnazioni in generale (artt. 323 – 338 c.p.c.) anch’esso modificato dalla Riforma Cartabia. 

 

Richiamo espresso nell’art. 326 c.p.c all’art. 325 c.p.c 

Al primo comma dell’articolo 326 c.p.c., dedicato alla decorrenza dei termini delle impugnazioni, sono state apportate due modifiche:  

  1. La parola “precedente” (riferita all’articolo) è stata sostituita con il termine esplicito “l’art. 325 c.p.c”, ribadendo, come la norma ante-rifoma, che i termini per impugnare indicati dalla norma sono perentori, per cui se non vengono rispettati, si decade dal potere di impugnare.  
  2. La seconda e più interessante novità è rappresentata dalla precisazione sempre all’interno dell’art. 326 c.p.c, dopo le parole “dalla notificazione della sentenza”, che la notifica avviene “sia per il soggetto notificante che per il destinatario della notificazione, dal momento in cui il relativo procedimento si perfeziona per il destinatario (…)”. 

La norma, in questo modo, ha codificato quanto già sancito in diverse occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, ossia la coincidenza della decorrenza dei termini perentori per tutte e due le parti processuali coinvolte. 

 

Perdita di efficacia dell’impugnazione incidentale se improcedibile quella principale 

Della disciplina delle impugnazioni in generale la Riforma modifica infine anche l’art. 334 c.p.c, il quale prevede ora che l’impugnazione incidentale tardiva perde efficacia anche quando l’impugnazione principale è dichiarata improcedibile (e non solo inammissibile).Modifica apportata nel pieno rispetto del principio di delega che voleva appunto creare questo collegamento tra impugnazione principale e impugnazione incidentale tardiva. 

 

Riforma del Processo Civile: come cambia il giudizio di Appello

Gli elementi di novità che cambiano il giudizio d’appello dopo la Riforma Cartabia sono stati introdotti sempre nell’ottica della efficienza e della snellezza del processo civile.  

 

L’appello  

L’impugnazione in appello è un mezzo a critica libera ed ordinario. E ‘un mezzo di impugnazione c.d. sostitutivo e si rivolge a un giudice diverso da quello che ha emanato il provvedimento contestato. 
Diverse le novità apportate dalla Riforma Cartabia al giudizio d’appello. A seguire quelle di maggiore rilievo.  

 

Appello: motivi più chiari 

La Riforma richiede, a pena di inammissibilità, l’esposizione in modo chiaro, sintetico e specifico degli elementi dei motivi di impugnazione da proporre nel giudizio d’appello previsti dall’art. 342  c.p.c: 

  • capo della decisione di primo grado impugnato;  
  • censure alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;  
  • violazioni di legge e loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. 

 

Nuovi termini tra citazione in appello e prima udienza

La Riforma dispone che, tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione, devono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all’estero. Viene meno il riferimento a “termini liberi non minori di quelli previsti dall’art. 163-bis”.  

 

Riformulato il termine dell’appello incidentale 

La Riforma modifica l’art. 34, comma 1,c.p.c, disponendo che “L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, depositata almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione o dell’udienza fissata a norma dell’articolo 349-bis, secondo comma.”
Nessun rinvio quindi ai termini previsti per la costituzione del convenuto nel giudizio di primo grado, ma termini specifici e più concisi per chi propone l’appello incidentale. 

 

Discussione orale se l’impugnazione è inammissibile o manifestamente infondata  

In luogo dell’attuale inammissibilità di cui agli art. 348- bis1 e 348-ter c.p.c.2 (abrogato) costituenti il c.d. filtro in appello, la nuova formulazione dell’art. 348bis dispone che, quando l’impugnazione non ha una ragionevole probabilità di essere accolta o è inammissibile, il giudice dispone la discussione orale della causa come previsto dall’art. 350 c.p.c, che viene decisa con sentenza succintamente motivata. 

 

Sospensione dell’esecuzione provvisoria della sentenza 

 Il nuovo art. 283 c.p.c. prevede che il giudice d’appello, su istanza di parte proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, sospenda in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione, se l’impugnazione appare manifestamente fondata o se dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave e irreparabile. Questo anche quando la condanna abbia ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti. 
L’istanza può essere proposta o riproposta nel corso del giudizio di appello se si verificano mutamenti nelle circostanze che devono essere specificamente indicati nel ricorso, a pena di inammissibilità. 

 

Torna il Consigliere Istruttore 

Quanto ai componenti del collegio, viene ripristinata la figura del Consigliere Istruttore al quale compete la gestione della prima udienza e di tutte le fasi prodromiche alla decisione.
Al Consigliere sono infatti attribuiti i poteri di dichiarare la contumacia dell’appellato, di procedere alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza, di procedere al tentativo di conciliazione, di ammettere i mezzi di prova, di procedere all’assunzione dei mezzi istruttori e di fissare udienza di discussione della causa anche ai sensi dell’articolo 281-sexies c.p.c. (decisione a seguito di trattazione orale). 
Allo stesso Consigliere Istruttore viene attribuito un ruolo sostanziale anche durante la fase decisoria. Costui può decidere l’eliminazione delle udienze di comparizione non necessarie, assegnare i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, nonché fissare immediatamente l’udienza davanti a sé per la rimessione della decisione con riserva di riferire al collegio.
Questi gli articoli dedicati al Consigliere istruttore: 349-bis (Nomina dell’istruttore)3 , 350 (Trattazione)4 e 350-bis5 (Decisione a seguito di discussione orale) e 352 (Decisione)6 c.p.c. 

 

Remissione al primo giudice solo se viene violato il contraddittorio 

Abrogato l’art. 353 c.p. che prevedeva la rimessione della causa al giudice di primo grado per motivi di giurisdizione. Il nuovo art. 354 c.p.c stabilisce che la remissione della causa al giudice di primo grado è limitata (oltre che alla nullità della sentenza di primo grado) ai casi di violazione del contraddittorio7 causata da: 

  • nullità della notificazione dell’atto introduttivo; 
  • mancata integrazione del contraddittorio o errata estromissione di una parte.