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Eccessiva durata del processo: l’indennizzo va anche agli eredi della parte

Eccessiva durata del processo: la sesta sezione civile della Cassazione accoglie ricorso

L’INDENNIZZO VA ANCHE AGLI EREDI DELLA PARTE –  Si alla riparazione (per iure successionis e iure proprio)

Qualora la parte del giudizio civile (o amministrativo) presupposto sia deceduta, l’erede ha diritto a conseguire iure successionis e pro quota l’indennizzo maturato dal defunto per l’eccessiva protrazione del processo, nonché iure proprio quello dovuto in relazione all’ulteriore decorso della medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte ovverosia si sia costituito nel giudizio.

E’ questo il principio di diritto ribadito dalla Cassazione, sez. 6 civ., Pres. Lombardo, Rel. Scarpa, con l’ordinanza n. 17685 del 21 giugno 2021 che ha accolto l’impugnazione e cassato con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, che in diversa composizione sottoporrà la causa ad un nuovo esame uniformandosi ai principi qui di seguito svolti, il decreto con il quale nel 2019 aveva condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze all’equa riparazione in favore dei cinque eredi del de cuius per l’irragionevole durata di due distinti giudizi amministrativi innanzi il TAR Palermo.

In particolare, a seguito dell’opposizione ex art. 5 ter della legge n. 89 del 2001, il Collegio aveva condannato il Ministero al versamento di euro 3.000,00 a titolo di indennizzo per ciascuno dei giudizi presupposti svoltisi rispettivamente nel periodo dal 2002 al 2017 e dal 2013 al 2017: a suo avviso correttamente il magistrato designato non aveva considerato nel computo della durata dei giudizi il periodo successivo alla morte della parte (intervenuta 1’11.11.2014), non risultando superato il termine triennale di ragionevolezza dopo la riassunzione operata dagli eredi. I giudici dell’opposizione avevano poi detratto il periodo di perenzione dal 24 aprile 2012 al 27 maggio 2012, determinando in euro 400,00 per i primi tre anni, in euro 500,00 dal quarto al sesto anno ed in euro 600,00 l’importo annuo da accordare per l’irragionevole durata dei giudizi.

Nel promuovere l’impugnazione i ricorrenti avevano denunciato la violazione dell’art. 5-ter L. 89/2001 e dell’art. 6 CEDU, l’omesso esame di un fatto decisivo e la motivazione omessa o apparente sul punto della esclusione dalla durata dei processi presupposti del periodo successivo alla costituzione degli eredi e di quello intercorso fra il deposito del ricorso e l’istanza di prelievo.

La Cassazione ha accolto il ricorso ritenendo fondato il primo motivo di censura: erroneamente il giudice di merito ha ritenuto che i ricorrenti avessero riassunto il giudizio presupposto quali eredi del de cuius senza tuttavia che fosse decorso il termine triennale minimo per maturare il diritto all’indennizzo. Sicchè, nel solco del costante orientamento di legittimità cui hanno inteso dare continuità, gli Ermellini hanno ribadito che la “qualificazione ordinamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, era stata già acquisita nel segmento temporale nel quale parte era il de cuius e permane altresì in relazione alla valutazione della posizione del successore – che subentra, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole, come deve dirsi avvenuto nel caso in esame. L’erede ha diritto anche all’indennizzo iure proprio solo per l’irragionevole durata del giudizio successiva alla propria rituale costituzione che, come confermato dalla CEDU, con sentenza del 18 giugno 2013 “Fazio ed altri c. Italia”, è condizione essenziale per far valere la sofferenza morale da ingiustificata durata del processo, atteso che, nel processo civile, in ipotesi di morte della parte originaria, stante la regolamentazione di tale evento prevista nell’art. 300 c.p.c. (richiamato dall’art. 79, c 2, cpa), non assume altrimenti rilievo la continuità delle rispettive posizioni processuali tra dante ed aventi causa, prevista dall’art. 110 cpc, se non dal momento, appunto, dell’effettiva costituzione degli eredi conseguente al decesso del primo” (cfr. Cass. nn. 29448/2019, 3387/2017, 3001/2017, 1785/2017, 24771/2014, 4003/2014, 2983/2008).

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Avv. Paola Cavallero - Studio Mainini&Associati