1 Luglio 2025

Appalto e somministrazione di manodopera: controllo della supply chain e responsabilità d’impresa

La gestione efficace della supply chain (Supply Chain Management, SCM) non rappresenta più solo una leva strategica per migliorare l’efficienza operativa, ma è ormai un fattore essenziale di compliance e prevenzione del rischio penale. La supply chain, intesa come l’insieme dei flussi di materiali, servizi, informazioni e relazioni che intercorrono tra fornitori, produttori e clienti, impone alle imprese un controllo accurato dell’intera filiera produttiva, specialmente in presenza di esternalizzazioni e contratti di appalto. Appalto e somministrazione di manodopera, infatti, sono attenzionati sempre più frequentemente dalle autorità.

Appalti non genuini e somministrazione illecita di manodopera

Sempre più spesso le autorità (Procure, Guardia di Finanza, INL) accertano pratiche elusive della normativa sul lavoro, celate dietro contratti di appalto formalmente leciti ma sostanzialmente utilizzati per ottenere manodopera a basso costo, spesso tramite cooperative prive delle necessarie autorizzazioni. Si tratta della cosiddetta “somministrazione illecita di manodopera”, disciplinata dal D.Lgs. n. 276/2003, con responsabilità penali anche in capo all’impresa committente.

Tipicamente, tali condotte si articolano secondo uno schema ricorrente: l’impresa si rivolge a cooperative o consorzi che a loro volta subappaltano a società fittizie (cartiere), le quali non versano IVA e contributi, consentendo un abbattimento illecito del costo del lavoro. In tali ipotesi, si configurano reati come:

  • somministrazione illecita di manodopera (art. 18 D.Lgs. 276/2003),
  • somministrazione fraudolenta (art. 18, comma 5-ter),
  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000),

con pene severe, confisca di beni e coinvolgimento diretto della società ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

Appalto vs. somministrazione: i criteri distintivi

L’appalto è il contratto mediante il quale una parte, il c.d. appaltatore, assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, l’obbligazione di realizzare per l’altra parte, denominata “appaltante” o “committente”, un’opera o un servizio, verso un corrispettivo. Dettato normativo dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, il quale stabilisce, in un’ottica strettamente giuslavoristica, che l’appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro proprio per l’organizzazione dei mezzi necessari e per l’assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore.

Nell’attuale assetto imprenditoriale, il contratto di appalto può essere distinto in due macro-modelli:

a) appalto d’opera, relativo alla realizzazione di una o più opere specifiche (ad es. interventi edili all’interno di un cantiere);

b) appalto di servizi, relativo alla prestazione di uno o più servizi (ad es. servizi di facchinaggio).

Quest’ultimo, a sua volta, si struttura in due ambiti fortemente differenziati:

i. appalto di servizi endo-aziendali, laddove i servizi vengono resi e svolti direttamente all’interno degli spazi aziendali, con inserimento dell’organizzazione dell’appaltatore in quella del committente e conseguente quasi-commistione delle due entità, “cosicché possa dirsi che la realizzazione del prodotto finito sia il risultato dell’attività congiunta e coordinata delle due imprese”;

ii. appalto di servizi extra-aziendali, quando i servizi sono prestati nella sede propria dell’appaltatore.

La differenza cade sul luogo di svolgimento del servizio appaltato: nel primo caso l’appalto si svolge negli spazi di pertinenza dell’azienda committente (es. servizi di facchinaggio all’interno dei magazzini del committente). Nel secondo caso, il servizio viene prestato senza connessione strutturale con la realtà lavorativa del committente, limitandosi l’appaltatore a recarsi presso l’impresa appaltante per il tempo strettamente necessario (es. realizzazione di capi di abbigliamento presso la sede dell’appaltatore).

La somministrazione di manodopera è invece disciplinata dagli artt. 30 ss. del D.Lgs. n. 81/2015. Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e contenere, a pena di nullità:

a) estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore (soggetto iscritto all’Albo tenuto presso ANPAL); b) numero di lavoratori da somministrare; c) presenza di rischi per la salute e misure di prevenzione adottate; d) data di inizio e durata prevista; e) mansioni, inquadramento contrattuale, luogo e orario di lavoro, trattamento economico e normativo.

In mancanza di tali requisiti il contratto è nullo e i lavoratori si considerano dipendenti dell’utilizzatore, con sanzioni pecuniarie a carico sia dell’utilizzatore che del somministratore.

Per completezza, si segnala anche l’istituto del distacco, disciplinato dall’art. 30 D.Lgs. 276/2003, che si configura quando il datore di lavoro pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività, purché ciò avvenga per soddisfare un proprio interesse (non coincidente con l’interesse a fornire manodopera altrui).

Il ritorno delle sanzioni penali

Il D.L. n. 19/2024 ha reintrodotto nel nostro ordinamento il reato di somministrazione illecita di manodopera, sanzionando severamente tanto il somministratore abusivo quanto l’utilizzatore. Anche la somministrazione fraudolenta è oggi punita in quanto diretta ad eludere disposizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo.

Reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

La realizzazione delle summenzionate fattispecie di reato non esaurisce i potenziali pregiudizi penali concretizzabili a causa delle condotte in esame. Sempre più spesso, infatti, una volta intervenuto l’accertamento della non genuinità dell’appalto, utilizzato quale “schermo” per nascondere la sottostante somministrazione, viene mossa anche la diversa contestazione penal-tributaria relativa alla violazione dell’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, che sanziona l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Analizzando concretamente il meccanismo di operatività di tale contestazione, si rileva come la società pseudo-appaltante emetta nei confronti della committenza una fattura soggetta ad imposta sul valore aggiunto. Tale fattura, anche se regolarmente pagata dal committente/ utilizzatore, costituisce tuttavia una fattura relativa a operazioni giuridicamente
inesistenti, in quanto il rapporto concretamente sotteso e qualificato come appalto è privo dei requisiti fondamentali, ed è quindi un appalto non genuino, che viene riqualificato
come somministrazione. Ne consegue, quindi, che quella fattura relativa a operazioni giuridicamente inesistenti – in quanto in realtà l’operazione sottostante non configura un appalto, ma una somministrazione – viene utilizzata in sede di dichiarazione dal committente, che ottiene pertanto un illecito profitto costituito dall’abbattimento dei costi.

Strumenti di prevenzione e due diligence contrattuale

Per prevenire tali rischi, è essenziale che le imprese si dotino di un sistema strutturato di due diligence sui fornitori, con controlli preventivi e continuativi che includano:

  • verifica della regolarità contributiva, fiscale e giuslavoristica del fornitore;
  • analisi dei contratti stipulati dai fornitori con i subfornitori (c.d. controlli di secondo livello);
  • accertamento della sussistenza di un’effettiva organizzazione imprenditoriale del fornitore;
  • implementazione di procedure di audit e controlli interni.

In quest’ottica, il Modello Organizzativo 231 assume una funzione strategica, rappresentando lo strumento principale per la prevenzione dei reati e per l’eventuale esonero o attenuazione della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001.

Appalto e somministrazione di manodopera: controllo della supply chain e responsabilità d’impresa

Conclusioni: la legalità nella supply chain è un dovere aziendale

L’impresa che intende operare nel rispetto della legge e tutelare la propria reputazione, nonchè il proprio patrimonio dal rischio di ingenti sanzioni, è chiamata a una gestione rigorosa e consapevole della propria supply chain. In un contesto normativo sempre più severo, il controllo dei fornitori non è solo una best practice: è un obbligo strategico e giuridico.

Affidarsi a partner affidabili, svolgere verifiche periodiche e adottare un Modello 231 aggiornato e coerente con i rischi della filiera è la via maestra per garantire integrità, continuità operativa e sostenibilità d’impresa.