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obbligo vaccinale

Obbligo vaccinale sul lavoro: dubbi di legittimità

Il Tribunale di Padova ordina di riammettere sul luogo di lavoro una dipendente sospesa perché non vaccinata e censura la legittimità dell’obbligo vaccinale. Numerosi i rinvii alla Corte Costituzionale 

La dipendente di una struttura che accoglie persone con disabilità è stata sospesa dal lavoro senza retribuzione per non aver fatto il vaccino anti Covid, imposto per legge al personale del settore sanitario.

La donna ha presentato ricorso al Giudice del Lavoro e ha chiesto di essere reintegrata in servizio con urgenza, perché priva di mezzi di sostentamento e nell’impossibilità di provvedere al mantenimento dei figli e al pagamento del mutuo.
Nel ricorso ha dichiarato di essere disposta a sottoporsi a tamponi periodici e anche di accettare di svolgere mansioni differenti da quelle che svolgeva abitualmente. 

Il Giudice del lavoro, con provvedimento del 28.04.2022, ha evidenziato diversi profili di illegittimità dell’obbligo vaccinale per contrasto: 

  • con il principio costituzionale di uguaglianza  
  • con il diritto all’autodeterminazione terapeutica 

Il Giudice si è riferito in particolare alle disposizioni dell’art. 4 ter del Decreto Legge 44/2021 convertito nella Legge n. 76/2021). 

Da qui l’ordine al datore di lavoro di riammettere immediatamente la dipendente, a condizione che la stessa si sottoponesse con regolarità a tamponi. 

Secondo il Giudice l’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori è irragionevole e sproporzionato e quindi contrario all’art. 3 della Costituzione perché limita il diritto di autodeterminazione terapeutica della persona tutelato dall’art. 32 della Costituzione.
L’obbligo di vaccino inoltre non ottiene, secondo il Giudice, lo scopo di preservare la salute collettiva ed evitare la diffusione del virus nell’ambiente di lavoro.  

«Il mero fatto che un lavoratore si sia sottoposto al vaccino, non garantisce che egli non contragga il virus e che quindi, recandosi sul luogo di lavoro, non infetti le persone con cui viene in contatto», ha sostenuto letteralmente il magistrato nel suo provvedimento. 

Il Giudice evidenzia inoltre l’arbitraria disparità di trattamento tra lavoratori esenti dalla vaccinazione e lavoratori che scelgono di non vaccinarsi.  

Nel primo caso, infatti, la legge prevede che il datore di lavoro sia tenuto ad adibire a mansioni diverse i dipendenti esonerati dall’obbligo vaccinale in caso di accertato pericolo per la salute, senza sospensione dal servizio, né decurtazione dello stipendio. 
Viceversa, nell’ipotesi in cui l’omessa vaccinazione dipenda da una decisione volontaria, indipendente da rischi per la salute, il datore non è tenuto ad alcun obbligo di ricollocazione all’interno dell’azienda. 

La decisione commentata interviene su un argomento oggetto di dibattito in giurisprudenza e certamente non pacificamente condiviso.  

L’illegittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale è stata prospettata tanto dalla magistratura ordinaria, tanto dalla magistratura amministrativa e, a più riprese, la questione è stata rimessa alla Corte Costituzionale.  

Sul punto si registrano anche orientamenti di segno contrario, come quello espresso dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 7045 del 20.10.2021, che affermano la piena legittimità dell’obbligatorietà del vaccino, invocando il principio di solidarietà sociale per superare l’eccessiva autoreferenzialità del diritto alla salute. 

In questo quadro interpretativo incerto, è saggio e opportuno muoversi con prudenza e non riporre eccessivo affidamento nelle singole decisioni di merito, come quella commentata, soprattutto se assunte in via provvisoria cautelare, e restare in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci. 

Come si comporterà il nuovo Governo in caso di ulteriore ondata? 

 

di Manuela Oldani