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LA COMUNICAZIONE TRA MEDICO E PAZIENTE: UNA RIFLESSIONE SOCIO-GIURIDICA SULLA PRIVACY al tempo del CORONAVIRUS

I Diritti fondamentali.

Dare la definizione di qualcosa significa dare dei limiti ad un determinato termine inoltre, proporre una definizione di “diritto fondamentale” condurrebbe ad una demarcazione specifica, priva di costante aggiornamento, che non riesce a stare dietro all’evoluzione e al progresso delle società che coesistono nel nostro mondo.

Potremmo asserire che il diritto è il potere o una signoria di volontà, attribuita al singolo dal diritto soggettivo[1] o che è l’insieme delle condizioni per l’esistenza della società garantita dal potere statale per mezzo della coercizione esterna[2], ma la questione importante non è dare la definizione di diritto, etichettarlo, ma è comprendere l’essenzialità e le implicazioni che esso ha e comporta nella vita di tutti i giorni, considerando la tutela che deve garantire e le conseguenze che possono comportare quando più diritti entrano in conflitto tra loro.

Logicamente i diritti non possono essere posti tutti sullo stesso piano: ci sono diritti che hanno maggior tutela di altri, i quali prevalgono e preesistono rispetto agli altri, e diritti che sono situati astrattamente su un piano secondario, che soccombono in presenza dei primi.

I diritti essenziali, che devono trovare sempre tutela, sono i diritti fondamentali e, come ogni categoria astratta e non caratterizzata da elenchi limitati, sono di assai difficile individuazione.

Per poterli individuare e circoscriverli è possibile utilizzare certamente i Codici e le Costituzioni che ogni Stato dispone, tenendo però in considerazione il fatto che tali diritti variano con il corso del tempo, con la situazione sociale e con la tradizione nazionale.

[1] B. Windscheid, (Düsseldorf 1817 – Lipsia 1892)
[2] R. Von Jhering (Aurich 1818 – Gottinga 1892)

C’è da considerare anche che con il progresso scientifico, tecnologico e medico si sono sovvertite e modificate espressioni e termini che inizialmente godevano di un significato largamente condiviso, portando a nuovi e più ampi significati di questi[3]. [3] Termini come ricerca, etica, diritto, soggettività, autodeterminazione.

Tali processi ci consegnano perciò una ridefinizione dei diritti fondamentali, comportando differenti discussioni tra dotti e studiosi circa il vero ed attuale significato e considerazione dei diritti fondamentali dell’individuo.

Sussiste perciò una situazione in cui coesistono “vecchi” diritti, anche se visti sotto una nuova luce, e diritti di una “nuova generazione”, i quali non solo non sono ancora riconosciuti dalle Carte Costituzionali e dai documenti normativi interni o internazionali, ma non vengono persino considerati, visto che tale differenziazione coinvolge per il momento solo la dottrina e la giurisprudenza.[4]

[4] Diritti “vecchi” sono il diritto alla libertà e alla dignità, che con il passare del tempo si sono ampliati notevolmente; “nuovi” diritti disciplinati posso essere il diritto alla protezione della proprietà intellettuali o alla buona amministrazione; di quelli non ancora regolamentati citiamo per esempio il diritto all’ottenimento della capacità legale d’agire dei minori

Come vedremo, l’aggettivo vecchio dovrebbe essere saggiamente attribuito alle determinate connotazioni dello stesso diritto e quasi mai al diritto stesso, perché il diritto acquista una vasta varietà di significati e tagli a seconda del periodo temporale e dell’ambito.

Quello che non cambia dall’estensione dei diritti fondamentali e dal nuovo significato che acquisiscono nella realtà storico-sociale è la loro comune caratteristica dell’intrinsecità e dell’universalità.

Con il termine “intrinsecità” si intende che ad ogni essere umano spettano tali diritti solamente in quanto già essere vivente; sono diritti insiti, connaturati nell’uomo e perciò nella disponibilità di tutti.

[1] Termini come ricerca, etica, diritto, soggettività, autodeterminazione, ecc.

[1] Diritti “vecchi” sono il diritto alla libertà e alla dignità, che con il passare del tempo si sono ampliati notevolmente; “nuovi” diritti disciplinati posso essere il diritto alla protezione della proprietà intellettuali o alla buona amministrazione; di quelli non ancora regolamentati citiamo per esempio il diritto all’ottenimento della capacità legale d’agire dei minori.

Per “universalità” invece si intende che i diritti fondamentali devono valere indipendentemente da fattori come razza, etnia, età, sesso, contesto sociale, ecc.

Di fatto frequentemente non risulta possibile individuare e garantire un qualche riconoscimento sostanziale ai diritti fondamentali, come, per esempio, nelle zone meno sviluppate e ricche del pianeta. Gran parte della popolazione della terra non può essere portatrice della vecchia concezione dei diritti fondamentali e con il tempo non è nemmeno titolare delle nuove pretese per eventuali nuovi diritti, diritti che vadano a soddisfare beni primari. Questo è dato dalla situazione sociale, politica e culturale in cui vivono i differenti esseri umani, che non permette loro di avere la stessa concezione dei diritti e delle pretese degli individui.

Tornando alla concezione di diritto fondamentale, la domanda da porsi è se sia possibile individuare un diritto propedeutico, da cui dipendono tutti gli altri.

Se si ragiona attentamente, sarebbe alquanto limitativo elevare certi diritti a fondamentali, a causa delle molteplici varietà di situazioni e realtà presenti. E’ però anche logico che quando si creano conflitti tra portatori di diritti, l’ordinamento deve fare una scelta per privilegiare l’uno rispetto all’altro.

Questa diversità d’importanza tra diritti viene marcata nella trasformazione degli stessi, tanto dei vecchi, quanti nei nuovi, dipendendo in primis da come verranno percepiti dalla società, in secundis dal grado di tutela e promozione che li vedrà differenziare.

I diritti fondamentali sono infatti il risultato di una certa interpretazione, di una visione della realtà che viene preferita alle altre, fornendo una costruzione sociale creata da un conflitto prima sociale e poi politico.

Una volta stabilito come primeggiano certi diritti su altri e che tale prevalenza varia dall’ambito e dal contesto sociale, vanno considerati ulteriori punti.

Bisogna capire ed accordarsi, per esempio, se il singolo diritto ha un significato univoco, immodificabile, se diritto sia disponibile o indisponibile e se il diritto non è limitabile da altri dello stesso rango.

Il singolo diritto come abbiamo già evidenziato non ha un significato univoco, acquista differenti significati a seconda dei differenti momenti storici e luoghi, ed infatti le stesse opere legislative sono condizionate da tali fattori.

Sono le interpretazioni che permettono la comprensione e l’attuazione di una norma e le stesse vengono influenzate dal pensiero e dalla realtà in cui tali legislatori vivono. Come per le norme, anche per i diritti contenuti nei lavori dei giuristi risentono di queste influenze, non permettendo di acquisire un significato unitario e immodificabile.

Si rende necessaria una valutazione dell’importanza degli interessi rappresentati dai diritti. Anche i diritti fondamentali fanno quindi parte di una scala gerarchica e la “superiorità” di uno di essi rispetto un altro sarebbe garantita dal momento storico-culturale. E’ il forte e condiviso sentire sociale a dettare la scala dei valori che andranno a comporre i legislatori nazionale, e i diritti fondamentali sarebbero tutelati soltanto nel momento in cui vengono contestualizzati.

Per quanto riguarda la disponibilità dei diritti fondamentali, il titolare può disporre del proprio diritto ma non può però in alcun modo cedere la titolarità del diritto a terzi, perché i diritti fondamentali risultano, a seconda delle volte, o personali o della collettività, e preesistono all’individuo e al concetto di possesso ed alienazione.[5]

[5] In realtà sono presenti casi come il suicidio assistito, la capacità di agire dei minori e degli interdetti che fanno da eccezione 

Da tutto ciò risulta come sia complesso etichettare i diritti fondamentali, creare una vera e propria scaletta e gerarchia dei diritti

Prescindendo perciò dal corso della storia e dalla differenza tra i vari luoghi del mondo, e ponendo solamente l’attenzione sulla realtà attuale e sul nostro Paese, i diritti fondamentali trovano fondamento in primo luogo nella Carta Costituzionale, poi nei vari codici di disciplina e infine nei trattati e nelle convenzioni internazionali.

Ci sono quindi varie disposizioni normative che trattano e garantiscono direttamente la tutela di certi diritti fondamentali e altre che invece le riprendono indirettamente.

Nella mia esposizione andrò a trattare soprattutto il diritto all’informazione, diritto considerato fondamentale dalla Costituzione italiana[6], che viene infatti illustrato nelle prime parti della Carta. [6] Art. 21 Cost.

Il Diritto all’informazione che ho voluto trattare in relazione al campo medico, sia perché ritengo che non ci sia nulla di più importante della salute e del connaturato diritto all’informazione inteso come diritto all’autodeterminazione e dunque del diritto di disporre liberamente del proprio corpo, sia inteso come diritto di essere correttamente informati, visto il costante progresso e sviluppo dei mezzi di comunicazione.

Non sono solo le fonti normative perciò a stabilire la gerarchia e l’etichetta di “fondamentale”, ma anche tutto il lavoro fatto a livello dottrinale e giurisprudenziale, più al passo con i tempi rispetto ai vari legislatori.

L’INFORMAZIONE MEDICA E I MEDIA

Con il progresso sociologico e comunicativo legato a mezzi di comunicazione come la televisione, internet o mezzi cartacei, si ha avuto un avvicinamento del paziente anche a tematiche riguardanti la salute e la realtà medica.

Si sono svolte in passato varie campagne di informazione volte a migliorare il livello di consapevolezza dei cittadini prevedendo anche la stimolazione della conoscenza del paziente sull’assunzione della responsabilità. Le campagne venivano diffuse tramite differenti forme di comunicazioni come la cartellonistica, le riviste specializzate, gli spazi riservati ai periodici nazionali e da ultimo dai programmi divulgativi, dalle pubblicità televisive e dal mondo virtuale di internet.

Ad una informazione a carattere istituzionale, finalizzata a disciplinare ed istruire il paziente, si viene ad affiancare un’informazione più dettagliata e specifica e non solamente “di base”, a seconda dei gradi di interesse ed istruzione delle persone. Come sostenne Peters, esistono più forme di comunicazione della scienza rivolta al pubblico a seconda del grado di dettaglio e di persuasione.

La prima è quella rappresentata dalle comunicazioni rivolte alla totalità del pubblico, in cui il fine principale è quello di incentivare o dissuadere certi atteggiamenti e non tanto l’apprendimento e la diffusione di ricerche medico-scientifiche. Vengono perciò utilizzati i più ampi canali comunicativi, adoperando spazi a larga diffusione in uno spazio temporale ben definito.

Il secondo livello è rappresentato da una divulgazione neutra, perché non prevedono un preciso orientamento sulle questioni etiche, pur essendo il contenuto di questa informazione comunque lineare. Possono essere indicati pareri e teorie di medici e studiosi e perciò questa forma è caratterizzata da una certa complessità e specializzazione, consentendo la comprensione e l’apprendimento solamente ad un pubblico più ristretto ed interessato ai temi sanitari.

L’informazione può poi essere comunicata tramite i media in spazi non esclusivamente dedicati alla salute e alla medicina, come per esempio notiziari televisivi radiofonici o pagine di periodici. Non essendo l’argomento principale, l’informazione medica passa così in secondo piano e, dovendo arrivare alla gente, deve essere un’informazione mirata e breve.

L’informazione medica è condizionata logicamente dal mondo che ci circonda, e ne risulta connessa e condizionata dalle questioni etiche, politiche, religiose, ecc., che offre quotidianamente argomenti di discussione.

Ma quanta efficacia hanno queste campagne sanitarie? Quanto possano influire sul singolo soggetto?

Ciò è difficile da conoscere perché non si possono isolare le singole informazioni date, i singoli argomenti sanitari dal momento che i soggetti sono costantemente influenzati da una miriade di spunti e stimoli presenti nei contesti sociali in cui vivono.

Nonostante la quasi impossibilità di determinare il vero impatto di una notizia medica e la fonte attraverso la quale viene trasmessa al pubblico, si possono determinare dei fattori che aumenteranno l’incisività della stessa.

Per esempio, per far passare un’informazione in un contesto sociale si deve agire sulla percezione che il pubblico ha su quel determinato tema. L’intervento mediale deve essere preparato in modo tale da far avvicinare l’informazione medica a quelle situazioni che più disturbano le persone, nel caso di un’informazione di tipo dissuasiva, o a quelle situazioni che riescono a far loro immedesimare nel caso di informazioni positive.

L’identificazione è una pratica ricorrente e molto adatta anche nel mondo della comunicazione mediale, perché il soggetto viene portato a trarre da solo le conclusioni se la campagna informativa risulta incentrata sul vicende ed esperienze della propria vita.

Un altro sistema è utilizzare soprattutto medici o scienziati affiancati a personaggi più popolari fra i giovani perché non risultassero troppo autoritativi, distanti e poco credibili ad un pubblico adolescenziale. Inoltre, si dovrebbe sempre cercare di anticipare e rispondere su base scientifica a qualsiasi possibile argomentazione.

Grazie alla prevenzione, si riesce a fornire per tempo tutti quei dati che posso indirizzare l’uomo medio verso scelte a lui più favorevoli.

In un’era in cui social network e operatori digitali sanno tutto delle nostre vite e delle nostre abitudini, quando si ha a che fare con un pericolo sanitario mondiale è doveroso forse fare una deroga, adottare misure straordinarie e non rimanere impantanati nella palude delle regole ordinarie. La capacità più importante, per un pubblico amministratore, è sapere gestire velocemente le situazioni di emergenza, se necessario venendo meno ad alcune regole. Altrimenti la privacy rischia di essere un potente alleato del virus.

Dott. Stefano Marco Mainini

Praticante abilitato

Bibliografia

  • Agnino F., “Il consenso informato al trattamento medico-chirurgico”, Itaedizione, 2006
  • Anzilotti S., “La posizione di garanzia del medico”, Giuffrè Editore, 2013
  • Barni M., “l’amministrazione di sostegno tra opzioni mediche e autonomia del paziente”, Rizzoli, 2005
  • Bellanova L., “Il dovere di informare: una frontiera della responsabilità del medico?”, in Resp. civ. prev., 2000
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  • Bruti Liberati E., ”Diritto alla salute e terapie alternative: la scelta dell’amministrazione sanitaria ed il controllo dei giudici”, Giuffrè Editore, 2012
  • Bucchi M., Neresini F., “Sociologia della salute”, Carocci editore, 2001
  • Callipari N., “Il consenso informato nel contratto di assistenza sanitaria”, Giuffrè Editore, 2012
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  • Cosmacini G., “Prima lezione di medicina”, Editori Laterna, 2009
  • Dameno R., Verga M., “Garantire i diritti”, Guerini Studio, 2012
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  • Fedeli P., Palmieri L., Sirignano A., “L’urgenza medico-legale: la competenza specialista nell’attività del medico di base”, Giuffrè Editore, 1999
  • Fiori A., La Monaca G., “L’informazione al paziente ai fini del consenso senza più limiti, Feltrinelli Editore, 2000
  • Gennari G., “Consenso informato: ritorno all’anno zero, in Resp. civ. prev., 2006
  • Gennari G., “Consenso informato come espressione di libertà, in Resp. civ. prev., 2007
  • Gorgoni M. “La stagione del consenso e l’informazione: strumenti di realizzazione del diritto alla salute e di quello all’autodeterminazione”, in Resp. civ. prev., 1999
  • Iadecola G., “Potestà di curare e consenso del paziente, Cedam Editore, 1998
  • Istituto Europeo di Oncologia, “Il consenso informato (aspetti giuridici, etici e morali)”, 1997
  • Lagazzi M., “La consulenza tecnica in tema di affidamento del minore”, Giuffrè Editore, 1994
  • Mantovani F., “Il consenso informato: pratiche consensuali”, in Riv. it. med. leg, 2000
  • MCCall Smith A, Merry A., “L’errore, la medicina e la legge”, Giuffrè Editore, 2004
  • Marzi A., “Deontologia e psichiatria”, Giuffrè Editore, 1992
  • Piccinini L., “Il consenso al trattamento medico del minore, Cedam Editore, 2007
  • Princigalli A., “La responsabilità del medico”, Editore Jovene Napoli, 1983

 

[1] B. Windscheid, (Düsseldorf 1817 – Lipsia 1892)
[2] R. Von Jhering (Aurich 1818 – Gottinga 1892)

[3] Termini come ricerca, etica, diritto, soggettività, autodeterminazione, ecc.
[4] Diritti “vecchi” sono il diritto alla libertà e alla dignità, che con il passare del tempo si sono ampliati notevolmente; “nuovi” diritti disciplinati posso essere il diritto alla protezione della proprietà intellettuali o alla buona amministrazione; di quelli non ancora regolamentati citiamo per esempio il diritto all’ottenimento della capacità legale d’agire dei minori
 
[5] In realtà sono presenti casi come il suicidio assistito, la capacità di agire dei minori e degli interdetti che fanno da eccezione

[6] Art. 21 Cost.
7 Come disse T. C. Clark : “un diritto non è ciò che ti viene dato da qualcuno; è ciò che nessuno può toglierti”.

[7] John Durham Peters, (1998, Brookline)