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L’Agenzia delle Entrate ha reso note le istruzioni operative necessarie per

Il ravvedimento operoso è la procedura che consente al contribuente di rimediare al

Liquidazione Coatta Amministrativa

La FINALITA’ NECESSARIA della liquidazione coatta amministrativa è l’eliminazione dal mercato del lavoro di un’impresa che non è più in grado di svolgere la propria attività o di svolgerla in maniera regolare (l’obiettivo del soddisfacimento dei diritti dei creditori è perseguito in via meramente strumentale).

I presupposti oggettivi per l’apertura della procedura sono:

  1. stato di insolvenza: la società non è più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni;
  2. la società ha violato norme di legge o regolamentari o di disposizioni dettate nel pubblico interesse;
  3. presenza di gravi irregolarità nella gestione o nell’amministrazione;
  4. per la non conformità dell’attività esercitata rispetto al fine istituzionale o all’interesse generale. La procedura si apre con l’emissione del provvedimento di liquidazione da parte dell’autorità amministrativa di vigilanza; in esso vengono nominati il commissario liquidatore ed il comitato di sorveglianza.

Ex. art. 2545 terdecies c.c., le Società Cooperative che non svolgono attività commerciale sono soggette alla liquidazione coatta amministrativa; d’altra parte, le Società Cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette anche alla procedura fallimentare. In caso di sovrapposizione delle due procedure, per il principio di prevenzione rimane in vita soltanto la procedura che è stata attivata per prima.

Provvedimento

Il provvedimento che apre la procedura di liquidazione coatta amministrativa è un atto formalmente e sostanzialmente di natura amministrativa.

Esso ha la forma di decreto ed è adottato dal Ministro che si trova al vertice dell’amministrazione cui fa riferimento o appartiene l’autorità cui è affidata la vigilanza amministrativa sull’impresa da liquidare. Ai sensi dell’art. 197 l. fall. il suddetto decreto deve essere integralmente pubblicato entro dieci giorni dalla sua emanazione nella Gazzetta Ufficiale a cura dell’autorità che lo ha emesso ed entro il medesimo termine deve essere iscritto nel registro delle imprese.

Gli effetti si producono dalla data di adozione del decreto. In quanto atto amministrativo, il provvedimento è impugnabile dinnanzi agli organi della giustizia amministrativa, individuandosi la competenza in relazione all’amministrazione che ha adottato il provvedimento. Pertanto, qualora l’atto sia stato adottato da un’amministrazione centrale dello stato (Ministro o direttore Generale del Ministero), la competenza è concentrata presso il TAR del Lazio.

Il decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa deve indicare:

  1.  l’autorità che ha emanato il decreto;
  2.  l’impresa contro cui il decreto è preso;
  3. la nomina di uno o più commissari liquidatori e dei membri del comitato di sorveglianza;
  4. le motivazioni a sostegno della richiesta di liquidazione;
  5. le eventuali forme di pubblicità della procedura;
  6. la data;
  7. la sottoscrizione delle persone che hanno la rappresentanza legale della società.

L’iniziativa per la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa spetta esclusivamente all’autorità e il privato non ha un effettivo potere di agire, non disponendo di rimedi specifici per contrastare l’eventuale inattività dell’amministrazione vigilante ma avendo soltanto la facoltà di invitare la pubblica amministrazione ad attivare i suoi poteri officiosi.

Una modalità di comunicazione all’autorità amministrativa del cattivo andamento dell’azienda potrebbe essere la richiesta per l’accertamento dello stato di insolvenza.

Accertamento stato di insolvenza

L’accertamento dell’eventuale stato di insolvenza dell’impresa può essere effettuato esclusivamente dall’Autorità Giudiziaria, da individuarsi nel Tribunale fallimentare nel cui circondario ha la sede principale l’impresa (è irrilevante il trasferimento compiuto nell’anno antecedente la dichiarazione di avvio della procedura), su richiesta di uno o più creditori, dell’imprenditore ovvero dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa, distinguiamo la casistica:

– Qualora l’accertamento sia anteriore al decreto di apertura della procedura (ex art. 195 l. fall.), l’iniziativa per la dichiarazione dello stato di insolvenza spetta ai creditori, allo stesso imprenditore o all’autorità che ha la vigilanza sull’impresa. In tal caso la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza deve essere notificata all’autorità amministrativa, che è così vincolata all’emanazione del decreto di apertura della liquidazione coatta amministrativa.

– Se l’accertamento è invece successivo al decreto di apertura della procedura (ex. art. 202 l. fall.), questo può essere chiesto dal commissario liquidatore o dal pubblico ministero e l’analisi dello stato di insolvenza deve riferirsi alla situazione esistente al momento dell’emissione del decreto.

In entrambi i casi l’accertamento dello stato di insolvenza può essere richiesto anche qualora non venga rispettato il requisito dei debiti scaduti e non pagati inferiori a € 30.000,00 (limite previsto in caso di fallimento).

Il procedimento si svolge in camera di consiglio con la partecipazione delle parti. Esaurita la fase istruttoria il giudice concede alle stesse un termine per le memorie e, successivamente, trattiene la causa in decisione. Con la stessa sentenza o con successivo decreto adotta i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione. Prima di provvedere ad eseguire la sentenza, il tribunale deve sentire il debitore e l’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa. La sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell’articolo 136 del codice di procedura civile, all’autorità competente perché disponga la liquidazione. Essa è inoltre notificata, affissa e resa pubblica nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento. Tale sentenza può essere impugnata per mezzo di reclamo.

Lo stato passivo è formato d’ufficio dal commissario liquidatore sulla base delle scritture contabili e dei documenti dell’impresa, senza bisogno di una formale domanda di ammissione del creditore. Nella liquidazione coatta amministrativa, inoltre, la liquidazione dell’attivo è svincolata dalle limitazioni formali previste per il fallimento; al riparto dell’attivo, invece, si applicano, in linea generale, le norme dettate in materia di fallimento.

dott. Andrea Filippo Mainini